La Costellazione è “Stare”.
La Costellazione non si impara…
L’ho sentito dire all’inizio, almeno quindici anni fa, quando mi approcciavo al metodo e tutto era così magico e inspiegabile.
Oggi ne comprendo il senso, ed il tempo ha fatto sì che l’esperienza abbia plasmato in me quel concetto fino a trasformarlo,
in funzione dell’attimo prezioso che la Costellazione stessa mi dona.
Possiamo allenarci per imparare a destrutturare i concetti di giusto e sbagliato, risalendo alla matrice dell’idea che vi sia una procedura a protocollo che vada bene per tutti.
Una volta riconosciuta la provenienza di tale idea, attraverso l’introspezione, incontriamo noi stessi, bravi bambini, disobbediamo e andiamo oltre alle strutture a cui riconosciamo di appartenere.
E’ lì che si impara a spostarsi di lato, lasciando cadere le interpretazioni della mente su ciò che osserviamo.
Si impara a Stare, a trovare connessione con il Cliente, fuori da ogni intenzione, lontani dal desiderio di “Fare qualcosa per lui”.
Si può fare esperienza dell’Oltre, andando a toccare con mano ciò che ci fa più paura, incontrando ancora una volta noi stessi, e ancora, e ancora, là dove la vita ci ha messi.
Si impara a voltarsi dalla parte opposta del risultato, perché la Costellazione non è solo soluzione e guardare lì può essere limitante in quanto i movimenti dei campi sono molto più ampi, se li si sa osservare.
Nel tentativo di lusingare il Cliente, si può esitare fino all’inverosimile, ma è solo ritraendosi dall’intervento e lasciando andare l’interpretazione che ciò che vuole essere riconosciuto si mostra.
Si impara che il “Non Fare” non è fare niente, ma bensì lasciare che altro agisca e sentirci parte di quel tutto che muove, osservando… Sempre osservati.
Tutto questo si può imparare, se ne può fare allenamento, costante allenamento, sia fuori, sia dentro.
La Costellazione è per l’Operatore Nuovo un approccio all’ignoto, nella consapevolezza che ciò che pensa e che dice è parte di ciò che osserva, e che l’osservato è il miracolo assoluto della soluzione migliore alla sua sopravvivenza.
E’ la transizione verso un altro piano di lavoro che si muove su più livelli magistralmente orchestrati da chi pensando crea, ma se osservato muta il progetto e ricalcola le varianti.
Per questo non possono esistere due Costellazioni uguali, proprio perché cambiano i campi di coscienza delle persone; sta all’operatore permettere l’osservazione di ciò che, unico e irripetibile, fenomenologico si mostra.
E’ l’Operatore a fare la differenza, non la Costellazione.
Sonia Lunardi